Cherreads

Chapter 1 - : "Oғ ᴄᴏᴜʀsᴇ sʜᴇ's ɴᴏᴛ ᴀ sᴛᴀʟᴋᴇʀ... ʀɪɢʜᴛ?"

(06:20 AM – Fermata dell'autobus)

Nevicava.

Non quella neve bella da film natalizio, ma quella grigia, stanca, che cade di lato e si attacca ai pantaloni come se volesse solo rovinarti la giornata.

Noah camminava piano, come sempre, la neve era arrivata da nemmeno 10 minuti, tuttavia prima di uscire si era preparato, guardando il meteo.

Non era tipo da passi veloci. Non serviva.

Tanto l'autobus sarebbe arrivato lo stesso in ritardo. O in anticipo. O quando gli pareva.

Il marciapiede era scivoloso, e non aveva voglia di iniziare la giornata con un volo.

Ogni tanto abbassava lo sguardo per controllare le scarpe.

Non per estetica. Per equilibrio.

Poi, come faceva sempre, passò in rassegna mentale, passando di mano in mano l ombrello:

Tasca destra pantaloni :Telefono.

"E importante, poterlo tirare fuori velocemnte in qualsiasi situazione, e doveva stare da solo, per non rischiare di trascinare quaclosa di diverso o prezioso."

Tasca sinistra: Penne per scrivere, precisamente 2, nera e nera e chiavi generiche e di casa.

"Molti pensano che questa posizione, possa essere sbaglaita, eppure per me e importante, cosi quando cammino, posso precisamente sentire di non averle perse- non che mi sia successo eh- giusto per precauzione!"

Sotto il braccio sinistro: Libro da leggere.

"Non porto mai a scuola un libro nuovo, besi sempre uno che ho gia letto."

Borsa: Preparata a casa

"Questa l ho gia controllata 3 volte prima di uscire, quindi sono abbastanza sicuo. Preferisco un borsone simile, che al tipico zinetto da scolaretto."

Controllò l'orologio. 8:21.

"Devo arrivare prima. Prendere il posto davanti. Sennò di nuovo mi tocca stare in mezzo al casino."

Lo diceva ogni giorno. Ma non era solo una questione di abitudine.

Era… strategia.

Il posto davanti, accanto all'autista, non era comodo, non era panoramico.

Era funzionale.

1 : Solo lì la luce era spenta al mattino. Il resto del bus era un acquario acceso.

2 : Nessuno con un minimo di sanità mentale si siede accanto a un altro se c'è un posto libero altrove.

3 : I ragazzini sociali – quelli con le cuffie condivise e le voci da gallina – stavano sempre dietro.

Quindi niente mandrie rumorose di adolescenti

4: Il più importante: lì si sentiva protetto. Quasi… invisibile.

Arrivò alla piazzetta della fermata. Era ancora buio. I lampioni facevano quel tremolio da film horror, ma almeno c'erano.

I soliti.

Tre uomini in tuta da lavoro. In piedi, schiena dritta. Non parlavano mai con nessuno, solo tra di loro.

La ragazza asiatica. Sempre vestita troppo elegante. Tacchi anche con la neve.

Due ragazzi sulla panchina, gli zaini in grembo, la testa che ciondolava come se dormissero appoggiati al niente.

E poi…Un elemento fuori posto.

Una ragazza. Nuova.

(06:25 AM – Sotto al Lampione)

Noah la vide appena. Stava in piedi, distante, vicino al cartello della fermata.

Occhiali da sole.

Alle sei e venticinque del mattino.

Con le nuvole. Con la neve e fuori buio.

E al collo, un binocolo.

Non uno piccolo. Uno serio. Uno da "ti sto seguendo da giorni".

Era vestita come se fosse maggio.

Gonna, t-shirt, una camicia leggera, e sopra una felpa sbottonata.

Pelle d'oca ovunque, probabilmente. O forse no. Forse era immune.

Che sia chiaro, pensò Noah "non è strano vedere gente nuova ogni tanto. Anche qui. Anche in un posto così poco abitato.

Gente che cambia scuola, o che sta da un'amica, o che prende l'autobus per sbaglio."

Ma questa qui…

Non era solo nuova. Era fuori contesto.

Non sembrava una ragazza. Sembrava una domanda.

E a Noah, le domande senza risposta mettevano ansia.

Improvvisamente sentì un piccolo spasmo alla palpebra sinistra. Impercettibile da fuori, ma fastidioso come un moscerino dentro l'occhio.

Toccandosi l occhio. "Ultimamente sono troppo stressato, e il fatto che la notte non dormo, non aiuta proprio.."

Si fermò sotto il solito lampione. Era il punto dove la luce cadeva meglio, l'unico punto dove si poteva leggere decentemente prima che arrivasse il bus.

"Non so di preciso cosa pensino di me, mentre nevica, sto sotto ad un lampione usando un ombrello, per leggere, anziche ripararmi come gli altri sotto la stazione.. e francamente non mi interesa"

Aprì il libro. Ma non lesse.

Perché la sentiva.

Non la guardava direttamente.

La sentiva.

Lo sguardo. Come un dito che ti tocca la nuca.

Uso, il passare delle macchine, per poterla guardare con la coda dellocchio.

Come tutte le persone, a volte sembrava distrarsi da questi dettagli, e le segui con lo sguardo, erano gli unici momenti che poteva usare a suo vantaggio.

Tutti stavano facendo le loro cose. Nessuno lo degnava di uno sguardo.

La ragazza asiatica, stava al telefono, anche essa tremante, per via dei vestiti si alla moda ma poco caldi, gli ragazzi, che pian piano iniziarsono a spingersi per sveglairsi.

"Presubilmente fratelli" Ma questo noah non lo sapeva ancora di certo, e gli 3 uomini, che iniziarono gia a guardare intensamente l orario.

Tranne lei.

La straniera con gli occhiali da sole. E il binocolo.

Gli altri non sembravano darle troppo importanza.

Non si muoveva.

Non parlava.

Non scrollava nemmeno il telefono, e questo — nel nostro secolo — era già sospetto.

Noah abbassò il libro.

Lei era ancora lì.

E non aveva smesso di guardarlo.

O meglio, quando la guardava lui, lei distogleva lo sguardo.

(06:35 AM – Questa e la mia Guerra)

Noah guardò il telefono per l'ennesima volta.

La lettura era ufficialmente abbandonata.

Il libro non aiutava: difficile concentrarsi su qualcosa che un giorno ti sembrava profondo e il giorno dopo ti veniva voglia di lanciare nel cestino.

Il mondo salvato dai ragazzini.

Già il titolo lo faceva sbuffare stamattina.

E poi — come sempre — l'autobus era in ritardo.

Cinque minuti, niente di drammatico… ma nella bufera, faceva la differenza.

Cinque minuti in più al freddo significavano dita più rigide, scarpe più bagnate, pensieri più ostili.

"No vabbè, certo. Puntualità? Mai. E dire che siamo in pieno inverno. Ma che vuoi pretendere…

Anzi no.. in realta ha senso, le auto in generale, viaggiano piu lentamente durante queste situazioni."

Cercò di ignorare la ragazza.

Troppo strana per essere solo una nuova. Ma anche troppo esplicita per essere davvero una stalker.

Occhiali da sole. Binocolo.

Chi farebbe così, se volesse davvero passare inosservata?

"Magari è solo una stramboide. Ce ne sono. Una di quelle fissate col cosplay urbano, oppure…

Oppure sa qualcosa.

Oppure… sa chi sono?"

"No. No, è impossibile. Nessuno può saperlo. Nessuno ha mai fatto due più due.

Nemmeno i miei compagni. Figurati una sconosciuta con un binocolo, no?"

Sta di fatto che, alle 6:35, la guerra era ufficialmente cominciata.

Il bus stava per arrivare, e la gente si agitava come stormi disordinati.

Come al solito, si affrettavano tutti. Alcuni lo facevano per il freddo, certo. Ma Noah sapeva che dietro quella corsa c'erano altre motivazioni.

Ognuno voleva qualcosa. Il proprio angolo di tregua.

Anche la ragazza asiatica, sempre impeccabile, appena vide l'autobus all'orizzonte, inizio a prepararsi.

Sacrificò i capelli alla neve.

Noah la ammirava per questo: era l'unica che guardava abbastanza lontano da vederlo arrivare prima degli altri.

Cinque secondi dopo, anche gli altri iniziarono a muoversi.

Tutti in fila. Meccanici. Silenziosi.

Noah era in testa. Missione compiuta.

Ma niente rispetto.

E tutto cio senza nemmeno dover correre.

Salì, prese un pezzo di carte dalla tasca del capotto, e mostro l abbonamento da studente al autista (era necessario), e si diresse immediatamente al posto di destra, prima fila.

Perfetto.

Nessuno lo aveva preso.

La guerra era vinta.

Per un attimo, solo per pochi secondi, il mondo sembrava sospeso.

Non c'erano voci. Nessun movimento. Solo la neve che si scioglieva piano sul vetro e il rumore sordo del suo respiro mischiato al tremolio del motore.

Appoggiò la schiena.

Fece un mezzo sospiro, cercando di convincersi che stava esagerando.

"È solo una nuova. Una nuova un po' alternativa. Con gusti discutibili in fatto di moda e accessori."

Guardò fuori. Il vetro era appannato.

Usò il dorso della mano per disegnare un piccolo cerchio nella condensa.

"Non è una stalker. Non può essere.

E poi, anche se lo fosse…

Non saprebbe nulla."

Da bravo stratega, osservò i movimenti dei "soldati".

I tre uomini, come sempre, non pagarono nulla. Abbonamento mensile.

Probabilmente aziendale.

La ragazza asiatica mostrò qualcosa sul telefono.

"Mi chiedo se li compra gioranlmente oppure se ha un abbonamento anche lei?

Eessendo asiatica, e anche una ragazza che usa tanto trucco, e difficile fedinire un eta."

I due ragazzi, forse fratelli, neanche parlarono. Scolastico. Nessun problema.

Poi toccò a lei.

La ragazza col binocolo.

Noah alzò leggermente lo sguardo. Il suo posto era perfetto: chi saliva doveva per forza guardare avanti.

E per pagare, si doveva per forza fermare davanti all'autista.

Era il momento perfetto per osservarla bene, da vicino, senza sembrare sospetto.

Ma qualcosa non andò come previsto.

Appena varcata la porta, lei girò subito la testa verso di lui.

Direttamente. A destra.

E quasi rise.

Sicuramente, aveva usato una strategia segreta, che noah stesso ha inventato.

"Far finta di guardare gli posti liberi."

Un accenno. Una curva appena sul volto. Ma Noah la vide.

"Ma… ma che... cosa ride?"

La palpebra sinistra di Noah riprese a vibrare con un piccolo spasmo involontario, abbastanza forte da costringerlo a sbattere più volte le ciglia per farlo smettere.

Non era questo il momento di mostrare debolezza.

"Perché mi guarda? Che c'è da ridere? Cos'è, mi conosce?"

L'autista tese la mano, automatismo rodato.

Lei si fermò.

"Il biglietto, signorina."

Lei si voltò verso di lui, finalmente.

"Ok, adesso la smetterà di fissarmi. Torniamo alla normalità."

Mentre si girava, la poteva osservare da vicino.

"La stalker e sicuramente giovane.

Alta… sì, forse intorno ai 170 centimetri."

Lineamenti regolari, niente di vistoso.

Un viso pulito.

"Direi… della mia età. O giù di lì."

Poi arrivò il pensiero automatico, istintivo, cinico:

"Ma è possibile che legga quei libri?"

"No, dai. Impossibile. Nessuna come lei potrebbe leggerli.

E anche se li leggesse… non capirebbe. O peggio: fraintenderebbe tutto."

"E poi non c'è alcun collegamento. Nessuno. Non può essere. Sto facendo film mentali."

"Ho dimenticato il biglietto a casa," disse. "Sono una studentessa. E... davvero devo prendere questo autobus. Altrimenti arrivo tardi. Ho una prova importante alla prima ora!"

Noah inarcò un sopracciglio. Internamente.

"Dai. Ma sul serio. È la classica balla da film. Neanche lo zaino ha. Nemmeno una borsa. Zero."

L'autista la guardò per due secondi. Poi, con un mezzo grugnito, le fece cenno di passare.

"Cosa?! LA LASCIA PASSARE? Senza nemmeno insistere?"

Noah strinse i denti. Ma restò immobile.

Percepì le mani diventare improvvisamente fredde e umide, il sudore che gli bagnava appena i polpastrelli. Strinse più forte il libro, assorbendo quell'umidità con le pagine.

Rimase immobile. Nessun altro gesto involontario doveva tradirlo.

"Non ha voluto far storie. Lo capisco.

Primo: siamo in ritardo di due cinque minuti, e altri due sono passati tra il casino del salire e questa scenetta.

Secondo… beh, è una ragazza. Sì. Punto. Non c'è altro da dire."

"Ma... come torna, se non ha l'abbonamento? Ha solo dimenticato il biglietto, o è una scusa da manuale?"

"Oppure…"

"No. Dai, basta. Basta fare congetture. Non so niente. E sto diventando ridicolo."

"Eppure… c'è qualcosa che non torna. Non ha senso."

Noah si accasciò nel suo angolo. Tirò fuori il libro. Non lo stava realmente leggendo.

Lo usò solo per coprirsi un po' la faccia.

"Troppe poche informazioni.

Troppe domande.

E nessuna risposta."

(06:37 AM – Spina nel fianco)

La ragazza col binocolo scelse il posto davanti, dietro all'autista, alla sinistra a quello di Noah.

Questo, da solo, bastò allo stratega per sollevare altri dubbi.

"Ma che senso ha sedersi proprio lì? Perché non va dietro?

Avrebbe molte più probabilità di incontrare qualcuno che conosce. Una compagna di scuola, magari. Qualche faccia familiare.

E invece niente. Si è seduta.. Davanti. Come me."

Si era seduta di traverso, in modo scomposto, senza nemmeno togliersi gli occhiali da sole. Fu subito chiaro a Noah che lo stava fissando.

Fece finta di leggere. Ma le parole sul libro avevano perso completamente il loro significato, diventando macchie sfocate di inchiostro senza senso.

La sua mente era già altrove, troppo impegnata a generare ipotesi su quella situazione assurda.

"Ma poi… non ce l'ha un telefono questa ragazza?

I ragazzi della nostra età ci vivono praticamente attaccati ventiquattr'ore su ventiquattro. È impossibile che non ne abbia uno."

Continuò a elaborare scenari logici per qualche minuto, finché una vibrazione leggera nella tasca destra interruppe improvvisamente i suoi pensieri.

Noah tirò fuori il telefono, schermandolo subito con la mano. Undici messaggi non letti. Il cuore gli fece un piccolo balzo.

E proprio in quel momento, una chiamata in arrivo fece lampeggiare il display.

Un nome grande, minaccioso, impossibile da ignorare:

STROZZINO.

Il panico lo invase immediatamente.

Non tanto per la chiamata in sé, quanto per la luminosità del telefono, settata in modo incredibilmente alto.

Troppo alta.

Di nuovo, quella fastidiosa palpebra sinistra iniziò a pulsare leggermente, stavolta più intensamente.

"Cazzo! cazzo! l ho dimenticata troppo alta"

La ragazza avrebbe sicuramente visto la luce improvvisa, sbucata dal nulla nella penombra del bus.

Noah cercò freneticamente di coprire lo schermo con il libro e contemporaneamente portò il telefono vicino all'addome per abbassare rapidamente la luminosità.

Rispondere era fuori questione. Sarebbe stato costretto a parlare in una lingua diversa, straniera.

Tutti si sarebbero girati verso di lui. E se qualcuno sul bus avesse conosciuto quella lingua?

Avrebbe potuto capire. Capire significava sapere qualcosa di troppo su di lui. Un rischio che non poteva assolutamente correre.

"Anche se.. il 90% delle persone oggi giorno, specialmente su un autobus, quindi un viaggio che richiede un certo quantitativo di tempo, usa le cuffie.."

Fece un sospiro.

Poi, scivolando il dito sullo schermo per rifiutare la chiamata, senti le guance infiammarsi per la tensione, specialmente perhce si era appana ricordato un piccolo dettaglio.

Dall'altro lato del autobus, la ragazza stava ridacchiando sottovoce. Non era possibile capire se fosse davvero per lui o per qualcos'altro, ma il dubbio era quasi certezza.

Noah si accorse di nuovo del suo sguardo fisso su di lui.

"Fantastico. Ora penserà che sono un completo idiota."

Fortunatamente, l'autobus iniziò a rallentare.

06:45 AM – Prima fermata

Le porte si aprirono, e una ventata fredda portò una piccola tregua al calore del suo viso.

Nuove persone entrarono, chiacchierando rumorosamente, rompendo definitivamente il silenzio teso e surreale che si era creato tra lui e quella ragazza così strana.

Noah ne approfittò per abbassare ulteriormente il volto sul libro, fingendo un'assurda concentrazione. 

"Ora che ci penso, posso usare questo stratagemma, per poterla guardare.

In questi casi, anche se non si prova interessa, l essere umano, medio, specialmente se non dotato di cuffie per ascoltare musica, oppure telefono, tende a guardare verso gli nuovi arrivati."

Aveva un brutto presentimento.

Cerano dettagli che stranamente non aveva notato, nonostante fossero chiari: capelli lunghi e biondi, pelle pallida, quasi irreale.

Era difficile giudicare il libro dalla copertina senza vedere i suoi occhi, nascosti dagli occhiali scuri, ma la ragazza aveva ora rivolto il volto alle nuove reclute appena salite.

"Onore a voi, carne da macello anonima."

La stessa situazione si ripeté per altre quattro fermate.

Noah continuava a notare particolari che gli erano sfuggiti prima: un piccolo orologio al polso, scarpe bianche immacolate, gambe incrociate con cura, impedendo qualsiasi sguardo alla mercanzia. Giocava spesso con una ciocca di capelli, forse annoiata?

E quel binocolo grande, scuro, sicuramente pesante. Troppo sospetto.

Ma finalmente il viaggio stava per finire.

(07:17 AM – Stazione)

Infine l'autobus raggiunse la stazione, ormai affollato da studenti rumorosi seduti nelle file posteriori.

Ora serve qualcuno che prema il pulsante stop. E non sarò sicuramente io.

Richiederebbe di alzare il braccio, e questo non poteva permetterselo per due semplici motivi.

"Uno: attirerei troppa attenzione con un movimento improvviso.

Due: la mia presunta stalker non ha smesso un secondo di fissarmi."

Sembrava stanca, persino annoiata. Noah cercò di distrarsi pianificando mentalmente i prossimi minuti.

Dunque, devo comprare una bottiglietta d'acqua, altimenti non sopravivero a lezzione.

Sono le 7:17, cinque minuti per arrivare a scuola.

Poi bagno, un minuto per entrare e un altro per fare i miei bisogni—sono un uomo, donne, siete invidiose?— quindi verso le 7:24 potrei già uscire per andare al supermercato vicino alla scuola.

Tanto la prima ora oggi non ho lezione, ho tempo fino alle 8:25."

Fortunatamente, qualcuno premette il pulsante stop. Non che ci fossero dubbi: quasi tutti gli studenti sarebbero scesi a quella fermata.

Noah aspettò come sempre l'ultimo secondo per alzarsi e uscire dalla porta frontale, quella meno usata.

"Mia cara stalker, cosa farai ora? Finalmente ci separeremo per sempre, oppure mi seguirai ancora?"

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